L’abbigliamento e la moda
dei Dott. Bignone Giovanni e Dott.sa Bruscolini Enza
"presto i sarti saranno costretti a confezionare abiti all'aperto poichè lo spazio delle loro case non basterà più a contenerli"
Thomas Ocliff
Il XIV secolo fu il momento in cui dal vestirsi per necessità si passò al vestirsi per apparire. Cominciò la Moda.
L'abbigliamento nel XIV secolo risentì dei nuovi equilibri della società dell'epoca, stabilitisi in virtù della sempre crescente presenza di un ceto medio, che si sviluppò grazie ai commerci ed alle scoperte tecniche dell'epoca.
L'attenzione alla figura umana, legata ad una visione più terrena e materiale dei vari aspetti della vita, fece crescere l'interesse per l'estetica anche nel campo dell'abbigliamento con ricerca di nuove forme e di nuovi tessuti.
Nel 1300 il clima in Europa subì una brusca variazione e si è soliti parlare di "piccola era glaciale" con abbassamenti della temperatura di molti gradi fino al XVIII secolo, di conseguenza gli abiti divennero più pesanti e spesso ci si vestiva a strati.
Le fonti iconografiche cui si può fare riferimento sono molteplici. Innanzitutto la produzione artistica del 1300 con affreschi, dipinti su tavola ed opere di statuaria, inoltre numerosi codici miniati e testi scritti arricchiti da miniature dell'epoca che sono giunti sino a noi. Fra questi possiamo citare le miniature dei Tacuina Sanitatis , opere di medicina e di erboristeria che ricalcavano le analoghe opere arabe presenti nel X e XI secolo, testi del medico Ibn Butlan di Baghdad.
I Tacuina Sanitatis riscritti fra il 1200 e il 1400 spesso anteponevano l'estetica delle miniature, con preziose informazioni di costume, all'insegnamento della scienza medica.
"Fructus Mandragorae", miniatura tratta dal Tacuinum sanitatis di Vienna
Notevoli miniature si trovano nelle bibbie illustrate dell'epoca (esempio la Bibbia di Venceslao), nei Libri d'Ore, breviari in uso fra il XII e il XIV secolo, nelle opere di Christine de Pizan.
Un 'altra fonte importante è costituita dalle illustrazioni del Codice Manesse, un canzoniere tedesco giunto fino a noi e attualmente custodito nella biblioteca di Heidelberg.
Gara poetica al castello di Wartburg, Codex Manesse, folio 219 verso
Per le immagini di vestiario maschile e femminile ligure citiamo il Trattato dei sette vizi capitali del Cocharelli.
I reperti archeologici di sepolture giunti quasi intatti fino a noi ci danno concretamente un esempio di vesti ed accessori dell'epoca.
Un'altra fonte preziosa è costituita dagli inventari post mortem. Documentazioni su stoffe accessori ed abiti li ritroviamo nelle documentazioni dei Monti dei pegni.
Negli statuti cittadini furono poi promulgate leggi suntuarie che regolamentavano il tenore dell'abbigliamento, e che sono giunte sino a noi dandoci una testimonianza ulteriore sulla moda del '300.
Fra le testimonianze letterarie la Nuova Cronaca di Giovanni Villani, riferita all'ambiente fiorentino, ci dice che nel 1342 l'abbigliamento a Firenze, soprattutto fra i giovani, era profondamente influenzato dalla moda francese.
Anche a Genova nel periodo fra il XIV e il XV secolo era forte la presenza della moda francese in quanto la città era zona di passaggio per chi si recava dalla Provenza al Centro Italia e, fatto ancora più importante, fra il 1396 e il 1410 Genova fu governata, in nome del re di Francia Carlo VI, da Jean le Meingre detto il Bucicault, che portò con se anche costumi e danze impiantando a Genova una piccola corte di dame alla moda.
Per seguire un ordine nella descrizione dell'abbigliamento del XIV secolo possiamo partire dalla biancheria intima quindi dai vari strati che si sovrapponevano ad essa, infine considerare calzature ed accessori per l'abbigliamento maschile e femminile.
Facciamo riferimento all'abbigliamento più diffuso in Italia e nella fattispecie in Liguria, che risentiva della moda francese, pur considerando che i nomi dei vari capi di abbigliamento spesso cambiavano da comune a comune italiano e quindi non vi era una uniformità di linguaggio.
L'abbigliamento femminile intimo era costituito da una CAMICIA o CAMIXIA o CAMISA (la chemise dei Francesi). Questa sorta di antenata della sottoveste era lunga fino ai piedi con maniche che potevano essere lunghe o corte; talora si ritrovano reperti di camicie con spalline portate sotto all'abito in regioni dove la temperatura era più mite oppure utilizzate come biancheria da bagno.
Fine XIV sec., Cod. Vindobonenses 2759-2764 ONB, Praga, Donne di servizio ai bagni
Le donne che usavano scollature più importanti avevano camicie senza spalline ma sorrette da un laccio in coulisse sopra il seno, in modo che non si vedesse la camicia dalla scollatura della veste.
La camicia poteva essere realizzata in lino o canapa, quest'ultima coltivata in tutta Europa e soprattutto meno costosa e più resistente, utilizzata da persone meno abbienti.
La seta era riservata ai ceti nobili o comunque ai più ricchi ed era già prodotta nell'anno 1000 nel Nord Italia.
Poco si sa sull'utilizzo del cotone, peraltro già introdotto nell'VIII secolo dai Mori in Spagna e utilizzato sicuramente in Francia, nelle Fiandre e in Italia. La parola cotone non è presente nelle cronache e nei vari testi del 1300; si usavano però i termini bambagio o bambaxio e godon.
Sembra comunque che il cotone fosse utilizzato soprattutto come imbottitura e non tanto per la realizzazione di tessuti.
La camicia era un indumento da indossare sotto altri abiti anche se le contadine e le donne addette a lavori pesanti domestici spesso sono ritratte nelle miniature dei tacuina sanitatis in camicia nei campi in estate. Talora le donne che lavoravano staccavano dalla veste le maniche, che per questo avevano delle asole e dei laccetti, e rimanevano per così dire in maniche di camicia.
Theatrum Sanitatis, Biblioteca Casanatese
Dal tardo '300 fu vezzo mostrare, dalle aperture a taglio delle maniche della tunica, sbuffi della manica della camicia.
Sopra la camicia la donna indossava una TUNICA o VESTE o COTTA.
La denominazione di questo capo di abbigliamento variava in Italia da regione a regione se non da comune a comune. A Firenze si trova il termine tunica specificato nel registro delle vesti bollate del 1343.
Questo indumento, lungo fino ai piedi e talora dotato di un piccolo strascico, era aderente al petto, stretto in vita e molto ampio.
Per aggiungere una ampiezza maggiore si era soliti inserire nelle cuciture dei lati e, quando presenti, nella cucitura anteriore e in quella posteriore dei triangoli di stoffa detti gheroni.
Le maniche lunghe aderenti spesso terminavano al polso "a calice" cioè con una svasatura che si prolungava sul carpo della mano.
Le maniche potevano non avere allacciatura e a volte possedevano una lunga fila di bottoni che in talune regioni raggiungeva il gomito. La scollatura divenne molto audace e a forma ovale.
Giottino, Pietà di San Remigio, dettaglio, 1365
La limitazione della scollatura è spesso presente nelle leggi suntuarie anche se talora, per aggirare tali leggi, la veste era prolungata verso la gola con veli e soprattutto, essendo limitata la scollatura anteriore, divenne più profonda la scollatura posteriore.
Le tuniche venivano realizzate in lino misto con canapa, lana e, per chi se lo poteva permettere, anche in tessuti più preziosi, come la seta, lavorati in tessitura con ricami talora in filo d'oro.
Le maniche potevano essere staccate e le vesti avevano asole alla spalla, per poter cambiare la manica in caso di usura o semplicemente per moda o per lavorare nei campi.
A questa caratteristica delle maniche si devono alcuni detti popolari giunti fino a noi.
Ad esempio si dice "è un altro paio di maniche" riferendosi a un cambio di situazione, in quanto un abito con maniche diverse appare differente oppure "restare in maniche di camicia" per chi non aveva la possibilità di avere maniche nuove dopo aver rovinato le proprie.
Nei tornei le dame davano in premio una delle loro maniche ai cavalieri che giostravano in loro nome e da questo deriva il termine "manche" per indicare le fasi di una gara.
Al di sopra della veste si indossavano le SOPRAVVESTI, diverse per foggia e pesantezza a seconda delle necessità climatiche e delle possibilità economiche.
La sopravveste (Surcote dei Francesi), che era già presente nel 1200, cambia foggia e di essa esistono vari modelli.
Un modello di sopravveste era la GUARNACCA che prevedeva l'assenza delle maniche e aveva una apertura molto ampia che raggiungeva il fianco. Questa apertura che lasciava intravvedere la veste e le forme del corpo veniva chiamata dai moralizzatori "Finestra del diavolo".
In Italia era conosciuta anche col nome di GUARNELLO e veniva confezionata in lino, cotone oppure canapa nella sua versione rozza. Per i più abbienti era in lana e seta ricamata. Spesso era foderata e talora era bordata di pelliccia.
Esempio di Guarnello senza maniche.
La Crocefissione, Altichiero da Zevio, cappella del Santo, Padova, dettaglio
Verso la fine del secolo si aggiunsero a questo capo delle false maniche, delle maniche totalmente aperte lungo la cucitura più interna per lasciare spuntare il braccio. La guarnacca poteva avere anche delle mezze maniche lunghe a volta fino al gomito, la cui parte posteriore si prolungava fino a terra. Talora questa parte era sostituita da un vero e proprio nastro di stoffa di colore diverso che riprendeva il bordo della manica. Questa sopravveste poteva non avere i bottoni o averli solo sul petto.
La guarnacca era molto lunga, spesso terminava con uno strascico e veniva portata sollevata sul braccio destro a mostrare la cotta sottostante. In alcuni casi si possono osservare nei reperti miniati delle aperture ad asola con bordo e fodera dello stesso colore del nastro al gomito, che permettevano alla dama di raggiungere la borsetta tenuta sotto la sopravveste.
All'estrema destra, esempio di guarnacca con maniche a nastro, al centro, guarnacca con finestre del diavolo.
Matrimonio di Maria di Brabante e Filippo III di Francia, Chroniques de France ou de St. Denis
Un'altra sopravveste più pesante era la PELLANDA, dal francese Uppellande.
La pellanda era molto simile ad un attuale nostro cappotto, molto largo in fondo ma sempre stretto in vita, con maniche svasate ed ampie al polso. Spesso le estremità, sia delle maniche che dell'orlo, erano "affrappate" cioè con ampie frange dello stesso tessuto dell'abito, a volte a forma di punta o a punta arrotondata o a foglia di quercia.
La pellanda poteva avere un collo molto alto che si poteva risvoltare ed avere bottoni siano al petto.
Esempio di Pellanda dal collo alto.
Jacopo Della Quercia, Sepolcro di Ilaria del Carretto, Duomo di Lucca, 1406
Dettaglio del collo
La pellanda poteva avere bottoni fino al petto oppure sino ai piedi. In questo caso era detta CIPRIANA.
Esempio di Cipriana
Ritratti della famiglia Porro, dettaglio, Oratorio di Lentate sul Seveso (MI), 1369
Alla fine del secolo le maniche della pellanda, sempre ampie in fondo, vengono riprese in uno stretto polsino. Sia la guarnacca che la pellanda potevano essere foderate in pelliccia di vaio, martora, lupo, volpe o animali di allevamento di minor pregio; coniglio, cane e gatto etc.
L'ermellino era riservato ai re.
Esempio di Guarnacca foderata in vaio.
Andrea di Bonaiuto, La Chiesa militante e trionfante, dettaglio, Santa Maria Novella (FI), Cappellone degli Spagnoli, 1365/67
Un MANTELLO completava l'abbigliamento nella stagione fredda e nei viaggi. Il mantello poteva essere a ruota o a mezzaruota. Potevano essere lunghi fino ai piedi ma ne esistevano anche di più corti.
Potevano avere un cappuccio e potevano essere abbottonati con pochi bottoni al collo; a volte venivano foderati in tessuto o pelliccia.
Un capo che può essere considerato una via di mezzo tra il mantello e la guarnacca era il PELICON, formato da un enorme pezzo di tessuto di forma ellittica con tagli per le braccia e tagliato a scollo ampio per farlo passare dalla testa.
Nel XIV secolo vi fu un progressivo accorciarsi degli abiti maschili e questa nuova tendenza impose l'uso di CALZE prolungate al fianco.
Martirio di Santo Stefano, dettaglio miniatura, 1350-1378, Parigi, Biblioteca Nazionale
Alla pelle l'uomo di ogni età e ceto sociale portava una CAMICIA in lino o seta corta ai fianchi con maniche lunghe non fermata ai polsi e con scollo tondo, talora aperto sul petto, e chiuso da un laccetto al collo.
Orzo Tacuinum Sanitatis, dettaglio, c. 1370-1400
Sopra la camicia veniva indossato il FARSETTO detto anche GONNELLA, una giacca che diventò sempre più corta ed attillata nel corso del secolo.
Il termine farsetto deriva da "farsa" cioè imbottitura poiché esso poteva essere imbottito con bambagio.
Era allacciato davanti con una lunga fila di bottoni dal colletto al fondo. I bottoni erano presenti anche sulle maniche, spesso sino al gomito. La lunghezza poteva variare da sopra il ginocchio alla radice delle cosce.
Oratorio di S. Stefano a Lentate sul Seveso, Leggenda di S. Stefano, dettaglio, 1369
Più spesso i giovani portavano il modello corto che veniva chiamato anche COTTARDITA che spesso poteva avere lunghi prolungamenti posteriori delle maniche a triangolo rovesciato.
Polittico di Valle Romita, dettaglio, "Il martirio di San Pietro da Verona", Gentile da Fabriano, 1410-12, Pinacoteca di Brera (MI)
Il tessuto utilizzato per confezionare i farsetti variava a seconda del ceto sociale. Poteva essere realizzato in canapa o cotonaccio per operai e contadini, mentre, per i ceti sociali più elevati e per i nobili, era realizzato con tessuti più ricchi e ricamati.
Pourpoint di Carlo di Blois, farsetto imbottito, fine XIV secolo
Anche per l'uomo le sopravvesti erano numerose e si differenziavano da regione a regione.
La GUARNACCA o SURCOTTA, dal francese "Surcote", presentava uno spacco frontale, poteva essere o meno dotata di maniche.
Guarnacca maschile (primo uomo a sinistra)
Matrimonio di Maria di Brabante e Filippo III di Francia,Chroniques de France ou de St. Denis
Una varietà con maniche particolarmente ampie e ricche veniva nominata GUARNAZZONE.
La guarnacca dei ceti alti era confezionata con tessuti preziosi e foderata con seta in estate e pellicce in inverno.
Esempio di Guarnazzone
Adorazione dei Magi, dettaglio, Altichiero da Zevio, 1378-84, Oratorio di San Giorgio, Padova
La PELLANDA era simile allo stesso indumento femminile, talora più corta, con possibile affrappatura delle maniche e del fondo. Spesso era aperta anche ai lati formando una parvenza di mantello sulle braccia. Poteva essere corta al ginocchio, detta PELLANDA BASTARDA, nata per cavalcare, e poteva essere chiusa in vita con una cintura o con bottoni.
Spesso era foderata in pelliccia di vaio, martora e, nelle classi medio-basse, scoiattolo od agnello.
Un indumento indossato da medici magistrati ed ecclesiastici era il TABARRO, un'ampia sopravveste morbida che copriva tutto il corpo, con maniche ampie e non molto lunghe formato da grandi strisce di stoffa cucite fra loro e spesso attaccate ad un cappuccio. Per l'inverno era foderato in pelliccia.
Esempio di Pellanda affrappata (uomo a sinistra) e Tabarro (uomo al centro)
Tacuinum sanitatis. XIV secolo
In realtà troviamo molti nomi per le sopravvesti maschili nelle differenti regioni d'Italia, quali: Vestine, Cioppe, Toghe, Robette, Lucchi, Sacchi, Tabarri e Pellande. Tali indumenti variavano per lunghezza e fattura da città a città.
Anche il MANTELLO era molto utilizzato dagli uomini ed era simile a quello delle donne.
Codex Manesse, 1304-40
MUTANDE E CALZE
Nel XIV secolo gli indumenti intimi erano confezionati in lino o in tessuto misto lino e canapa.
Nel ritrovamento del Tesoro di Lengberg (Austria, metà sec. XV ) figurano indumenti simili ai tanga odierni.
Si può ipotizzare che mutande simili venissero indossate dalle donne anche nel secolo precedente anche se molti sostengono che non tutte le usassero. Secondo alcuni esse utilizzavano, in alcuni giorni del mese, dei panni di lino (pannum lini, da cui il nome attuale italiano pannolino) legati a una cordicella in cintura.
Un'ulteriore accessorio rinvenuto nel castello di Lengberg, è rappresentato da un indumento atto a sorreggere il seno molto simile ai reggiseni moderni.
Più spesso questo capo era sostituito da una fascia di stoffa legata sulla schiena.
Reggiseno e slip rinvenuti nel Castello di Lenberg, Austria, XV secolo
Gli uomini usavano delle mutande che si accorciarono sempre di più nel XIV secolo, simili agli attuali boxer ma anche alcuni più corti simili agli attuali slip, dette PARABULLAS.
Tacuina Sanitatis, dettaglio, XIV secolo
Le mutande spesso erano trattenute da una cordicella in coulisse alla quale erano legati due calze separate, chiamate spesso impropriamente CALZABRAGHE.
Tali calze potevano essere di lana morbida ed elastica, confezionate su misura, tagliate in diagonale o in modo da formare una punta sul fianco trattenuta con lacci alla cintura delle mutande.
Col passare degli anni, la parte superiore dei calzoni divenne più larga fino a coprire una parte dei fianchi e dei glutei poiché i farsetti si fecero sempre più corti.
Talora ai farsetti erano cuciti dei lacci ai quali poter attaccare direttamente i calzoni.
Masaccio, Crocefissione di San Pietro, 1426, Musei Statali di Berlino
La calza era spesso prolungata nel piede e spesso era suolata. I contadini durante il lavoro nei campi erano soliti arrotolare al polpaccio tale indumento per avere maggiore libertà di movimento.
Pisanello, San Giorgio e la principessa,1436-1438 circa, Chiesa di Sant'Anastasia, Verona, dettaglio
Sul finire del secolo si potevano vedere uomini indossare calze di diverso colore l'una dall'altra.
Anche le donne portavano calze in lana o lino, trattenute da lacci la cui altezza superava di poco il ginocchio. Erano già in uso calze di lana lavorate a tricot.
"Les Très Riches Heures du Duc de Berry", Illustrations by the Limbourg Brothers, 1412/1416, Febbraio, dettaglio
CINTURE
Le cinture nel XIV secolo erano accessori essenziali perché servivano a reggere armi, borsette, scarselle ed altri accessori.
Le contadine poi erano solite alzare l'orlo della veste ed infilarlo nella cintura perché non fosse di intralcio al lavoro nei campi come si vede in numerose miniature dei Tacuina Sanitatis.
Le cinture maschili e femminili erano molto simili e variavano in forme e materiali a seconda del loro utilizzo.
Codex Manesse, dettaglio, 1304-40
Potevano essere realizzate in stoffa, in tessuto ricamato, in nastro a telaio o in cuoio. Una delle due estremità aveva una fibbia ad ardiglione, l'altra poteva terminare con una punta di metallo variamente decorata a stampo, a punzone o a filigrana. La fibbia era comunemente in bronzo ma poteva essere anche in ferro e, per i ceti più abbienti, in metallo prezioso, oro, argento o avorio.
Cintura, XIV sec, Museo Poldi Pezzoli, Milano
La fibbia poteva essere rettangolare, circolare, cuoriforme, a scudetto, triangolare e a forma di U. Essa poteva essere decorata, soprattutto nella sua forma rettangolare,con riproduzioni di animali reali e fantastici, santi, scene di vita quotidiana, scene di caccia o scene bibliche.
Talora le fibbie riproducevano architetture dello stile gotico fiammeggiante. Guarnizioni come linguette o placche decoravano tutta o in parte la cintura.
Dettaglio decorazioni di una cintura, XIV secolo, Musée national du Moyen Âge, Francia
Nella maggior parte dei casi non esistevano passanti ma la cintura veniva annodata dopo la fibbia lasciandola pendere sul davanti. A volte veniva infilata a lato sul fianco verso destra nell'uomo e verso sinistra nella donna.
Bartolo di Fredi, Storie del Vecchio Testamento, dettaglio, 1367, Collegiata di San Gimignano
Rarissimi reperti mostrano l'esistenza di passanti sugli abiti per l'estremità libera della cintura.
Figura virile del maestro di Giano, XIV secolo, Museo di Sant'Agostino, Genova
L'uso di due cinture era proprio degli armati che usavano una cintura per stringere l'abito in vita in modo che la cintura cui era legata l'arma non causasse tensione del tessuto per il peso.
BORSE
Realizzate in cuoio per la moda maschile, le borse avevano forma rettangolare o reniforme con padelletta di chiusura e dotate di due passanti di cuoio per essere appese alla cintura (dette SCARSELLE) oppure in forma trapezoidale chiuse con un anello rigido per permettere la comoda introduzione della mano e poter essere richiuse al di sopra di esso con un laccio di cuoio (borsa ELEMOSINIERA).
Esempio di scarsella
Bartolo di Fredi, Il demonio abbatte la casa di Giobbe, dettaglio, Collegiata di San Gimignano, 1367
Esempio di elemosiniera
Codex Manesse, 1304-40
Le elemosiniere e le scarselle potevano avere piccole tasche applicate e potevano essere adornate con fibbie ed ornamenti metallici. Gli uomini più ricchi potevano portare in occasioni mondane borse in tessuto ornate con fili d'oro e d'argento.
I contadini e i pellegrini avevano spesso bisacce e tascapane in canapa o in cuoio da portare a tracolla per lasciare liberi i movimenti.
Luttrell Psalter (Brit. Lib. Add. 42130), 1325-1340
Le donne di ceto elevato usavano borse preziose, spesso ricamate, di forma triangolare o ad elemosiniera entrambe con possibilità di ribalta nella parte superiore.
Nel quattordicesimo secolo usavano le borsette da matrimonio in cui la promessa sposa portava il ritratto dello sposo. Queste borsette erano impreziosite con ricami fra i quali ebbe grande diffusione tra il XIV e XV secolo il ricamo inglese in seta noto come opus anglicanum.
ACCONCIATURE E CAPPELLI
Nel XIV secolo le ragazze e le donne giovani portavano spesso i capelli sciolti oppure acconciati in trecce. Un' acconciatura comune era realizzata con bende e nastri detti anche Intrezatorium.
Tacuinum Sanitatis, dettaglio, XIV secolo
Le donne sposate o anziane avevano sempre il capo coperto da un velo che giungeva alle spalle. Spesso al velo era unito un SOGGOLO (molto usato a Genova ed in tutta Liguria).
Buffalmacco, Trionfo della morte, dettaglio, Campo Santo di Pisa, 1336-40
Sopra al velo per le donne sposate,oppure sui capelli sciolti o acconciati per le giovani, spesso era presente un' acconciatura a Tourette.
Codex Manesse, 1304-40
Talora il velo era sollevato in due corna da una increspatura più frequentemente in Francia e in centro Europa.
"De claris mulieribus" illustrazione di un'anonima traduzione francese, dettaglio, 1400-25, Parigi
Per il lavoro e per la notte le donne erano solite indossare cuffie quali ad esempio la CUFFIA DI SANTA BRIGIDA di Svezia in lino leggero, prezioso reperto conservato al museo di Uden.
Bartolo di Fredi, San Nicola di Bari con le tre fanciulle, dettaglio, 1350- 1375
"Cuffia di santa Brigida", reperto, XIV secolo
Per quanto riguarda l'uso del cappello, dall'iconografia del '300 possiamo dedurre che tale secolo fu oltremodo fecondo di modelli bizzarri e differenti di copricapi. Le donne portavano cappelli cuoriformi, a turbante, cappelli di feltro a punta anteriore, questi ultimi portati anche dagli uomini, soprattutto durante i viaggi a cavallo.
Un bell'esempio di abbigliamento del 1300 con sfoggio di cappelli di varia forma lo abbiamo nell'affresco di Buffalmacco raffigurante il trionfo della morte, in cui dame e cavalieri portano cappelli a punta da viaggio e tre dame di corte indossano turbanti ed altri cappelli fantasiosi.
Buffalmacco, Trionfo della morte, dettaglio, Campo Santo di Pisa, 1336-40
A Venezia nel XIV secolo nasceva l'HENNIN, un cappello a cono ricoperto di stoffa con un lungo velo svolazzante.
De claris mulieribus, illustrazione, inizi XV secolo, Francia
Sul capo,durante l'inverno e nei viaggi, veniva indossato anche un cappuccio foderato provvisto di mantellina (CHAPERON o CAPPUCCIO A GOTE) spesso noto tra i rievocatori con il successivo nome di Pellegrina.
Guillaume de Lorris, Roman de la Rose, 1350 ca.
Quest'ultimo era spesso abbinato a qualsiasi abito maschile o femminile. Poteva avere i margini affrappati a punta, foglia di quercia o altre fantasie. Spesso sotto al collo era provvista di una lunga serie di bottoni. Nella parte posteriore, fin dall'inizio del secolo, compare una vera e propria "coda" imbottita, il liripipion.
Gli uomini usavano portare questo cappuccio a guisa di cappello indossandone l'apertura del volto sulla testa e ripiegandone la mantellina sul capo.
Simone Martini, Scene della vita di San Martino, dettaglio, 1312-1317, Cappella di San Martino, Chiesa inferiore, Basilica di San Francesco, Assisi
L'uomo sotto al cappello portava spesso l'infula, una cuffia bianca che si prolungava sulle orecchie in due triangoli che terminavano in un laccio del medesimo tessuto.
The Rutland Psalter, dettaglio, fine XIII secolo, British Library
Il cappello maschile poteva essere a sacco, in tessuto, oppure a cono o a tronco di cono, alla guisa orientale, oltre che il cappello a punta da viaggio di cui abbiamo già parlato. Spesso erano realizzati in feltro affinché potessero resistere alla pioggia.
Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, dettaglio, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena
Verso la fine del secolo i cappelli maschili divennero sempre più appariscenti e ricchi e comparve il roundal: un cerchio di tessuto imbottito fissato su di una calotta di stoffa dal centro della quale partiva una stola che ricadeva sulle spalle.
BOTTONI
Possiamo senz'altro dire che il XIV secolo fu quello dei bottoni. L'utilizzo di tale accessorio fu ubiquitario: dalle maniche delle vesti alle cottardite, pellande e mantelli.
Monumento funebre di Francois I de La Sarra, 1363, tomba 1390, Switzerland, La Sarraz, Chapelle St Antoine
Spesso essi erano di stoffa cucita, di forma sferica. Talora al loro interno veniva posto un nocciuolo di frutta o una piccola sfera di legno o altro materiale come l'osso per dare maggiore consistenza.
Potevano essere in legno o metallo, in pietre preziose o semipreziose o addirittura in ambra.
Pietro Lorenzetti, Sant'Agata (?), dettaglio, 1306-1348), Musee de Tesse, Le Mans, France
I più diffusi erano i bottoni in metallo spesso sferici a stampo in lega di rame, con occhiello di fissaggio liscio o decorato con linee in rilievo incrociate oppure decorato a punzone o a filigrana. Esemplari simili sono custoditi al museo civico della laguna sud a S.Francesco fuori le mura (Chioggia-Venezia), al museo Archeologico del Finale (Chiostri di S.Caterina a Finalborgo) ed in numerose altre collezioni.
L'utilizzo della bottonatura era caratteristica sia maschile che femminile.
SCARPE
Le scarpe nel 1300 erano per lo più di cuoio, senza tacco,legate con un laccio alla caviglia o chiuse con una fibbia.
Scarpe, XIV secolo, Museo di Londra
Museo d londra
Ve ne erano di basse, chiuse od aperte, alte alla caviglia o al massimo stivali alti fino al polpaccio per uomo.
Scarpe, XIV secolo, Olanda, Dordrecht Colection
Spesso erano marroni , colore del cuoio,ma potevano essere tinte o avere elementi di altro colore.
I modelli in cuoio erano realizzati in due o più parti cucite alla suola che spesso era chiodata per far presa sul terreno. Non mancavano anche modelli in stoffa,spesso realizzati in seta ed abbelliti con preziosi ricami. Le scarpe potevano essere rivestite in pelliccia.
Un modello di moda che si diffuse dalla Francia fu il tipo di scarpa alla POULAINE con punta lunga imbottita , in uso a donne e uomini.
Poulaine, XIV secolo, Museo di Londra
Gli zoccoli in legno avevano strisce di cuoio o di corda ed erano utilizzati sia per lavoro sia a sostegno della scarpa quando pioveva. Gli zoccoli delle persone più ricche erano in legno sbiancato e potevano avere anche le strisce in cuoio bianco.
Jan Van Eyck. The Arnolfini Wedding Portrait. 1434. The National Gallery, London
In questo secolo tutti i colori e le loro sfumature furono utilizzati nelle Chiese, nelle statue, nelle architetture, negli arredi e nell'abbigliamento.
MARRONE: era il colore più utilizzato soprattutto dai ceti più poveri perchè era facile da ottenere da radici, foglie e cortecce d'albero.Le piante tintorie da cui ottenere il marrone erano molto numerose, fra queste la betulla, il tiglio, il melograno, il melocotogno. Anche il mallo di noce era usato per tingere in marrone tendente al grigio.
ROSSO MATTONE: si otteneva dalla radice di robbia, una pianta erbacea coltivata nei nostri climi. Viene utilizzata ancora oggi da alcuni artigiani. Era alla portata di tutti i ceti sociali.
ROSSO: era il colore dei manti imperiali, regali e ducali. Fino al XIII secolo anche il manto della Madonna era rosso o rosso mattone quale simbolo di regalità. Il rosso era indossato da persone con una grande disponibilità economica. Infatti il cosiddetto Rosso di Tiro era ricavato dall'essiccazione del Murex, un mollusco marino già noto ai Fenici.
Il rosso che si poteva ottenere da un insetto parassita delle querce era detto Chermes e Grana.
Meno costoso era il Verzino, derivato da una leguminosa arborea delle Indie Orientali chiamata Caesalpina Sapan. Anche dalla robinia si otteneva il rosso.
Il rosso aveva anche un significato apotropaico tanto che si portava sul corpo un filo tinto in rosso come protezione dai malefici.
PORPORA e VIOLA: il porpora era il colore degli imperatori, costoso perché sempre ottenuto dal Murex con tinta ancor più scura. Alcuni licheni (Roccella e Pertusaria) furono usati in Firenze per ottenere un porpora intenso. Il violetto si otteneva dal mirtillo nero (Vaccinium myrtilus)
VERDE: già simbolo di rinascita, era molto usato. Si otteneva dal verderame (ossido di rame) o da piante come l'iris acquatico o le bacche di ramno. Le foglie dell'edera comune tingevano i tessuti in grigio verde.
BLU: sostituì in Francia il rosso regale e, in occidente, il colore del manto della Madonna. Non soltanto i nobili si vestivano di blu ma anche i più poveri usavano molto questo colore utilizzando la tintura di Isatis tintoria (guado) disponibile a basso costo. Per produrre il blu si usava anche l'Indigotera tintoria (indaco).
GIALLO: si estraeva dalla Reseda luteola (reseda biondella) ,dalla Anthemis tinctoria (camomilla dei tintori),dal Crocus sativus (zafferano), dalla Genista tintoria (ginestra minore ,detta dagli antichi tintori braglia), dallo Sparticum junceum (ginestra), dalla Curcuma longa (curcuma), dal melo, dalle more, dal crespino e da numerose altre piante.
Il colore giallo era associato a negatività. I traditori, i musulmani, gli ebrei nell'iconografia medievale erano rappresentati con abiti gialli. Un esempio famoso è il mantello giallo di Giuda raffigurato da Giotto nel ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.
Giotto, Bacio di Giuda, il Tradimento, 1305 circa, Cappella degli Scrovegni, Padova
Spesso i menestrelli, i musicanti, i giullari e gli attori portavano vesti bipartite gialle e rosse o gialle e verdi per significare quel poco di pazzia che caratterizzava, secondo la mentalità medievale, gli istrioni ed i musici.
NERO: colore poco costoso se sbiadito, tendente al grigio o al marrone, spesso ottenuto dal mallo delle noci, dalla corteccia di faggio e leccio ed utilizzato dai più poveri.
Nella seconda metà del 1300 e nei secoli successivi divenne il colore della nobiltà grazie alla stabilizzazione delle tinte con composti di ferro ed aceto forte misti a tannini. Considerato austero ed elegante ebbe grande fortuna per secoli.